Il quadro dipinto dall’annuale rapporto “Ecosistema Urbano” sulla vivibilità ambientale dei capoluoghi di provincia italiani di Legambiente realizzato in collaborazione con l’Istituto di Ricerche Ambiente Italia e Il Sole 24 Ore è impietoso.
La ricerca, giunta alla XXII edizione mostra timidi passi avanti a livello nazionale, riguardo le politiche sui rifiuti e sull’energia, mentre per quanto concerne la mobilità un vero cambiamento in termini di efficienza delle modalità di trasporto è molto lontano. Risultati che dimostrano quanto le città italiane siano un patrimonio apprezzato dai turisti e al tempo stesso maltrattate dai cittadini e dagli amministratori; pochi e timidi sono i passi fatti per rendere più efficienti i centri urbani: la prima conferenza nazionale sulla mobilità sostenibile svoltasi a Catania nel mese di giugno si è conclusa con la firma della Carta di Catania, un protocollo di intenti- non vincolanti- tra i sindaci italiani, che rischia però di rimanere lettera morta.
Tra i decisori politici nella quasi totalità dei Comuni del nostro Paese manca la volontà di elaborare una strategia positiva di trasformazione dell’ecosistema urbano; le città sono per l’Italia una delle migliori vie d’uscita dalla crisi, uno dei patrimoni peculiari che possiamo mettere in campo nella competizione globale creando contestualmente le premesse per un profondo miglioramento della qualità della vita degli individui e della vita comunitaria. [premessa al rapporto Ecosistema Urbano]
Il rapporto prende in esame 18 indicatori: tre indici sulla qualità dell’aria, tre sulla gestione delle acque, due sui rifiuti, due sul trasporto pubblico, cinque sulla mobilità.
Ancora una volta sono le città del Meridione ad occupare lil fondo della classifica: Catania (100° posto), Vibo Valentia (101), Palermo (102), Agrigento (103) e Messina (104) chiudono la classifica.
Prendiamo in esame Catania.
Il rapporto conferma la situazione critica per quanto concerne la qualità dell’aria: i dati registrati dalle stazioni di rilevamento superano il limite di 40 µg/m3 consentito dalla legge e dalle direttive europee, i provvedimenti di restrizione della circolazione a determinate categorie di veicoli in vigore da alcuni mesi probabilmente sono solo un palliativo.
I due indicatori inerenti al trasporto pubblico, il primo sull’offerta, il secondo sull’uso che ne fa la popolazione relegano Catania agli ultimi posti tra le grandi città. Nella nostra città infatti a farla da padrone è il mezzo privato: il 61% dei catanesi utilizza quotidianamente veicoli a motore, e come evidenzia la ricerca Tom Tom per ogni ora di percorrenza 26 minuti si trascorrono bloccati nel traffico, stando ai dati dell’ACI il tasso di motorizzazione è di 61 auto ogni 100 abitanti, un parco auto enorme e vecchio.
La situazione tracciata dal rapporto di Legambiente diventa ancora più grave se si analizzano gli indici inerenti alle isole pedonali e alle infrastrutture ciclabili; a parte qualche politica portata avanti in maniera episodica o poco incisiva come il Lungomare Liberato e la recente pedonalizzazione dell’area antistante il Castello Ursino poco o nulla è stato fatto.
Il capitolo rifiuti si allinea agli altri indici presi in considerazione: solo l’11% dei rifiuti vengono riciclati. Primo risultato di inversione è il risultato ottenuto nel quartiere di Santa Maria Goretti, dove la percentuale di raccolta di rifiuti differenziati si è attestata intorno al 56%, il servizio verrà esteso a una porzione più ampia di città tra qualche settimana.
I risultati dettagliati dell’interno rapporto sono consultabili in questo PDF.
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